L’archivio d’artista e il giudizio sull’autenticità dell’opera d’arte
Quali sono i limiti entro cui si può contestare il rifiuto di autenticare l’opera d’arte da parte dell’archivio?
Nel mondo dell’arte, la questione dell’autenticazione delle opere d’arte è da sempre fonte di dibattito e controversia ed il parere dell’archivio determina il valore dell’opera.
L’archivio d’artista e la catalogazione delle opere d’arte
L’archivio d’artista è un ente che svolge un ruolo chiave nella conservazione del patrimonio artistico e delle opere d’arte di un artista. La sua funzione principale è quella di preservare, documentare, autenticare, studiare e diffondere le opere, la vita e il lavoro di uno specifico artista.
L’archivio, di regola, assume le vesti di una fondazione o di un’associazione senza scopo di lucro il cui manifesto interesse è quello di curare la memoria storica dell’artista e catalogare le sue opere. La documentazione in possesso dell’archivio è di certo di assoluta importanza per scopi di ricerca, autenticazione e catalogazione delle opere d’arte.
L’archivio infatti crea un catalogo accurato delle opere dell’artista ritenute autentiche, registrando dettagli come titoli, date di creazione, tecniche utilizzate e dimensioni.
È sull’attività di autenticare opere d’arte dell’artista e di procedere alla loro catalogazione che s’intende fare alcune osservazioni.
Infatti, il potere che il mercato ha attribuito agli archivi influenza, rectius determina, la sorte ed il valore dell’opera d’arte sottoposta al vaglio di autenticità da parte della commissione d’esame dell’archivio.
Il potere di autenticare opere d’arte è riservato all’archivio d’artista ?
Chiunque può autenticare un’opera d’arte.
Occorre dunque partire da questa affermazione per comprendere i poteri e i limiti di esercizio del potere di autentica di un’opera d’arte.
Ma cosa significa autenticare un’opera d’arte?
Essenzialmente significa dare un parere sulla riconducibilità o meno della stessa ad un determinato artista. Dare un parere sulla paternità dell’opera d’arte.
Il soggetto chiamato ad eseguire tale attività, se diligente, dovrà analizzare l’opera, lo stile, i materiali utilizzati, la firma, nonché la documentazione fornita a supporto e ricostruire i vari trasferimenti nel tempo al fine di dare un parere quanto più possibile corretto sulla paternità dell’opera.
È evidente che l’autorevolezza del parere dipenderà non solo dall’analisi fatta ma dalla competenza della persona che rende il parere.
Se si tiene conto del fatto che l’archivio d’artista svolge tutta una serie di attività che hanno ad oggetto uno specifico artista: dallo studio delle opere a quello della vita, dalla catalogazione alla conservazione delle opere d’arte, dall’organizzazione di mostre sull’artista alla tutela e gestione dell’eredità dello stesso, allora si comprenderà perché il parere dell’archivio sull’autenticità dell’opera è per il mercato dell’arte il Parere per eccellenza.
È il mercato, dunque, sono gli usi del settore che attribuiscono autorevolezza all’expertise dell’archivio, rispetto a quello di chiunque altro, pure legittimato a pronunciarsi sulla paternità dell’opera.
L’expertise: competenza e autorevolezza
Pertanto il parere sull’autenticità dell’opera, detto expertise, si configura come una mera espressione della libertà di manifestazione del proprio pensiero; libertà costituzionalmente garantita.
Affido alle parole del Tribunale di Roma la definizione di expertise: “Ritenuto che l’expertise è un documento contenente il parere di un espero, considerato competente ed autorevole, in merito all’autenticità ed all’attribuzione di un’opera d’arte, e ritenuto che tale documento può essere rilasciato da chiunque sia compente ed autorevole, non trattandosi d un diritto riservato in esclusiva agli eredi dell’artista – i quali non possono, quindi attribuire o negare a terzi (ad es. critici d’arte o studiosi) la facoltà di rilasciare “expertises” in merito all’autenticità dell’opera del loro congiunto-, la formulazione dei giudizi sull’autenticità e sul conseguente valore di un’opera d’arte di un artista defunto costituisce espressione del diritto alla libera manifestazione del pensiero, e, pertanto, può essere effettuato da qualunque soggetto considerato esperto” (così, in massima De Jure, Trib. Roma 3425-2010).
La contestazione del parere dell’archivio sull’autenticità dell’opera
Ebbene, se si parte dal presupposto che autenticare un’opera d’arte significa manifestare un proprio libero pensiero ne deve conseguire che tale manifestazione non è in alcun modo coercibile se non violando una libertà costituzionalmente garantita.
Ne consegue allora che non si può sindacare il parere sull’autenticità dell’opera dato dall’archivio essendo il parere un libero esercizio della libertà di manifestare un proprio pensiero.
In tema, il Tribunale di Milano ha scritto “un’ultima considerazione deve essere spesa in ordine all’intrinseca soggettività/opinabilità della quale ogni valutazione inerente a un manufatto artistico – ivi compresa quella relativa alla sua paternità – appare indefettibilmente permeata.” (Così Corte d’Appello di Milano 1238/2021), concludendo che la valutazione del Giudice non potrebbe comunque risolvere in maniera “incontrovertibile” la questione della autenticità dell’opera d’arte.
Quello che invece si può sindacare è la correttezza dell’operato dell’archivio, ossia dell’attività compiuta prima di emettere il parere e sulla cui base si è fondato il rifiuto di autenticare l’opera.
Tale sindacato dovrebbe anche essere stringente in quanto l’archivio è, come detto, un ente riconosciuto dal mercato come competente ed autorevole ed è lo stesso archivio ad arrogarsi tale competenza, sulla base della quale offre un servizio a pagamento di autenticazione delle opere d’arte.
Pertanto, sulla base del contratto tra il collezionista e l’archivio volto ad ottenere un parere sull’autenticità dell’opera, l’attività di analisi dei documenti e dell’opera condotta dall’archivio dovrà essere eseguita con la dovuta diligenza, ossia con la diligenza del professionista esperto del settore dell’arte e, soprattutto, il giudizio sulla autenticità o meno dell’opera essere motivato e non sorretto da altri fini, come, per ipotesi, quello di limitare i numeri della produzione artistica per innalzare il valore economico delle collezioni riconosciute come autentiche.
Sarà dunque possibile contestare all’archivio un abuso del diritto, un conflitto di interessi alla base di un rifiuto ingiustificato, nonché il fatto che il parere reso è privo di specifiche motivazioni che prendono concretamente in considerazione l’opera valutata.
Il mero diniego potrà costituire dunque un inadempimento contrattuale, non tanto perché il parere sull’autenticità è stato negativo, quanto perché non è stata correttamente valutata l’opera ed il materiale a supporto.
L’azione di accertamento dell’autenticità dell’opera
Seppure con orientamenti opposti, la giurisprudenza maggioritaria non ritiene ammissibile una mera azione di accertamento dell’autenticità dell’opera condotta dal collezionista che non ha rapporti di parentela con l’autore. Diverso è il caso dell’azione di rivendica della paternità dell’opera ai sensi della legge sul diritto d’autore.
Ricco di sfumature è comunque il panorama giurisprudenziale in cui sono state condotte perizie sull’accertamento dell’opera d’arte a seguito di azioni di risoluzione del contratto per la vendita di un’opera asseritamente originale, ovvero in giudizi penali. In quei casi l’esigenza di accertare l’autenticità dell’opera era destinata a soddisfare altri interessi e non solo quello della mera autenticità.
Quest’ultimo interesse, pur se di rilievo da un punto di vista economico, è ritenuto dalla giurisprudenza non legittimante un’azione di accertamento positivo dell’autenticità dell’opera da parte del collezionista: “Non sfugge, invero, a questo Giudice come la posizione ricoperta dall’appellante assuma un’influenza rilevante nel mercato di riferimento, suscettibile di frustare le aspettative economiche dei proprietari delle opere che non ottengano il suo avallo di autenticità. Nondimeno, nella misura in cui tale parere venga espresso sulla scorta di una congrua valutazione – e cioè non costituisca un atto meramente emulativo, scientemente preordinato a danneggiare la sfera giuridica del richiedente e, conseguentemente, fonte di responsabilità risarcitoria – nessuna tutela avverso l’opinione di inautenticità espressa può essere utilmente invocata in giudizio dal proprietario, il cui interesse ad agire va, in concreto, escluso. Diversamente opinando, si imporrebbe agli organi giudicanti di esercitare una funzione che non compete loro, trasformandoli in una sorta di estimatori di beni d’arte” (Così Corte d’Appello di Milano 1238/2021).