Finanziamento soci e SpA
La postergazione dei finanziamenti dei soci nelle società per azioni
L’estensione dell’art. 2467 c.c. alle società per azioni è oggetto di dibattito in diritto societario. Tale articolo, inserito nella disciplina delle società a responsabilità limitata, regola l’ipotesi di postergazione dei finanziamenti eseguiti dai soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori sociali.
Le tesi che affrontano il problema si possono semplicisticamente inquadrare tra quelle che (i) ammettono l’applicazione della regola della postergazione dei finanziamenti anche a quelli eseguiti da soci di società per azioni, a quelle che invece (ii) la negano ed infine a quelle che (iii) la ammettono, ma a particolari condizioni.
Chi nega l’applicazione dell’art. 2467 c.c. alla disciplina delle società per azioni fa leva sul fatto che si tratti di una norma speciale, non suscettibile di applicazione analogica. Tale tesi, forse, convince quando si affronta la questione della catalogazione delle società di capitali e di persone, che vede nella S.r.l. un terzo genere di società con tratti comuni ad entrambe. La tipizzazione della s.r.l. consente di inquadrare il socio non come un socio per così dire “di risparmio”, bensì come un soggetto che partecipe alla gestione societaria.
Ne costituisce evidente prova il disposto dell’art. 2476 c.c. che, in tema di società a responsabilità limitata e di diritto di informazione del socio non amministratore, conferisce al medesimo il diritto di essere informato sullo “svolgimento degli affari sociali”. Lo stesso articolo, poi, valorizza anche in termini di responsabilità personale l’operato del socio non amministratore che abbia “intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi pe la società, i soci o i terzi”. Tale ultima previsione, non può costituire solo una tautologica applicazione del principio del neminem ledere, bensì, manifesta il riconoscimento di quella che è una diffusa prassi di gestione di una S.r.l. a partecipazione ridotta, dove le decisioni vengono condivise tra tutti i soci e l’amministratore, di regola anche socio, finisce per essere il mero portavoce (responsabilizzato) del volere di tutti i soci. Analoghe norme non si trovano nella disciplina della società per azioni, che peraltro limita il diritto di informazione del socio (cfr. art. 2422 c.c.). Questa interpretazione, forse, pecca di eccessiva formalità e non tiene conto del caso specifico.
Al lato opposto vi è la tesi che ammette l’applicazione analogica dell’art. 2467 c.c. alle società per azioni, sul presupposto che l’art. 2497-quinquies c.c., che espressamente richiama l’art. 2467 c.c. e che tratta l’ipotesi dei finanziamenti fatti dalla controllata alla controllante sia in via diretta che indiretta (“da altri soggetti ad essa sottoposti”). Questa disposizione non distingue il tipo di società controllata ai cui finanziamenti si potrà applicare la normativa in tema di S.r.l. e per tale motivo, non si vede perché analogicamente l’art. 2467 c.c. non debba applicarsi ad ogni tipo di società. La Suprema Corte sul tema fa rilevare che tale articolo avrebbe la “funzione di far emergere, nel sistema di diritto societario, un principio di ordine generale di corretto finanziamento dell’impresa sociale (cd. transtipicità della norma), come tale applicabile a ogni tipo di società di capitali” (Cfr. Cass. Civ. 20.06.18 n. 16291). La Corte non indaga, però, sul fatto che l’art. 2467 c.c. si applica indipendentemente dal fatto che il socio finanziatore detenga o meno il poter di direzione della società finanziata. È possibile che il richiamo alla disciplina della società a responsabilità limitata fatto in tema di società controllate, sia giustificato da una ratio diversa?
La tesi intermedia è quella che si fonda sull’idea che l’estensione dell’applicazione della norma alla società per azioni possa aversi quando esiste una caratterizzazione personalistica della società tipica delle società a responsabilità limitata, ossia, tutte le volte in cui i soci (soci finanziatori) sono capaci di essere maggiormente partecipativi alla gestione della società. Scrive la Corte di Cassazione: “ a sostenere un livello intermedio di interpretazione, basato sulla estensibilità della previsione (eventualmente in chiave analogica) ai soci delle società per azioni che, per entità o qualità partecipativa, siano nella sostanza assimilabili ai soci di società a responsabilità limitata ”. Pertanto anche se la disciplina della SpA manca di quelle norme di rilievo personalistico tipiche della S.r.l. (art. 2476, II e VII co., c.c.), occorrerà valutare caso per caso l’esistenza di possibili applicazioni analogiche, perché “l’identità di posizione può pacificamente affermarsi tutte le volte che l’organizzazione della società finanziata consenta al socio di ottenere informazioni paragonabili a quelle di cui potrebbe disporre il socio di una s.r.l. ai sensi dell’art. 2476 cod. civ.; e dunque di informazioni idonee a far apprezzare l’esistenza (art. 2467, comma 2) dell’eccessivo squilibrio dell’indebitamento della società rispetto al patrimonio netto ovvero la situazione finanziaria tale da rendere ragionevole il ricorso al conferimento, in ragione delle quali è posta, per i finanziamenti dei soci, la regola di postergazione” (Cfr. Cass. Civ. 20.06.18).
Nel caso specifico la Suprema Corte ritiene decisivo il fatto che “la condizione del socio che sia anche amministratore della società finanziata può essere considerata alla stregua di elemento fondante una presunzione assoluta di conoscenza della situazione finanziaria appena detta” (Cfr. Cass. Civ. 20.06.18).
La tesi intermedia, che sembra quella da condividere, dovrebbe arricchirsi di un’ulteriore valutazione che trascende il dato letterale e che, avendo ad oggetto il caso concreto, lo analizzi sulla base della ratio della norma secondo cui, per usare le parole della Cassazione, la “postergazione tende a sanzionare la cosiddetta «sottocapitalizzazione nominale» delle società”. Pertanto, la norma potrà estendersi alla società per azioni quando saranno soddisfatti i criteri della postergazione indicati all’art. 2467 c.c., ossia ci si trovi semplicemente “in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.